“Non sei capace di capire che l’uomo ordinariamente non fa nesuna scelta. Le condizioni della sua esistenza, egli se le trova prefabbricate. Se esse contrastano con le sue preferenze, il meglio che può fare è di aspettare che mutino.”
“E se da sé non cambiano?” disse Pietro. “Chi deve cambiarle? Ah, com’è miserabile un’intelligenza che non serve che a fabbricare alibi per far tacere la coscienza. Vattene, fammi almeno questo favore.” (…)
“Ci prepariamo a morire con il rimpianto di non avere vissuto. A volte questa idea mi ossessiona: si vive una sola volta e quest’unica volta si vive nel provvisorio, nella vana attesa del giorno in cui dovrebbe cominciare la vera vita. Così passa l’esistenza. (…)”
“Non bisogna aspettare” disse Pietro. “Anche nell’emigrazione si vive in attesa. Questo è il male. Bisogna agire. Bisogna dire: Basta, da oggi.”
“Ma se non c’è libertà?” disse Nunzio.
“La libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo” disse Pietro. “Si può vivere anche in paese di dittatura ed essere libero, a una semplice condizione, basta lottare contro la dittatura. L’uomo che pensa con la propria testa e conserva il suo cuore incorrotto, è libero. L’uomo che lotta per ciò che egli ritiene giusto, è libero. Per contro, si può vivere nel paese più democratico della terra, ma se si è interiormente pigri, ottusi, servili, non si è liberi; malgrado l’assenza di ogni coercizione violenta, si è schiavi. Questo è il male, non bisogna implorare la propria libertà dagli altri. La libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che può.”
Ignazio Silone – “Vino e pane”
(1955, Arnoldo Mondadori Editore, pagg.157-158)