Clarissa Pinkola Estés – “Donne che corrono coi lupi”

  • di Vanina Sartorio

Con il loro corpo le donne vivono molto vicino alla natura Vita/Morte/Vita. (…) Con la carne e il sangue suo, e con i cicli costanti del riempimento e dello svuotamento del vaso rosso nel suo ventre, la donna comprende, fisicamente, emotivamente e spiritualmente che ogni zenit sbiadisce e spira, e quanto rimane, rinasce poi in modi inaspettati e grazie a mezzi ispirati, per ricadere nel nulla, ed essere di nuovo concepito nella massima gloria. (…)

A volte chi sfugge alla natura Vita/Morte/Vita si ostina a pensare all’amore come a una festa soltanto. Invece l’amore nella sua forma più piena è un susseguirsi di morti e rinascite. Muore la passione e rinasce. Il dolore viene scacciato e rispunta da un’altra parte. Amare significa abbracciare e nel contempo sopportare molte molte fini, e molti molti inizi, il tutto nella stessa relazione.

Il processo è reso complesso dal fatto che la nostra cultura supercivilizzata ha difficoltà a tollerare il trasformativo. (…) In tutto il mondo, pur chiamandola con nomi differenti, molti vedono questa natura come un baile con la Muerte, una danza con la morte. La Morte conduce la danza, sua partner è la Vita.

Clarissa Pinkola Estés – “Donne che corrono coi lupi”

(1992, Pickwick – pagg. 157-158)

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